Le case d’artista sono realtà complesse in quanto sono al tempo stesso spazio di vita e di creazione, in cui l’artista, dunque, si definisce come individuo singolo ed in rapporto con la società.
Ma come nasce e si sviluppa l’idea della casa d’artista? A partire dal Rinascimento, periodo in cui ha inizio il fenomeno delle case d’artista, passando per il Rinascimento, stagione di grande successo delle case d’artista, arrivando al XX e XXI secolo, le case d’artista hanno mutato il loro significato in funzione del diverso ruolo e valore ricoperto dall’artista.
Diversa è, dunque, la percezione che si ha delle case d’artista. Se sono sempre stati visti come luoghi intimi di creazione e, per questo, dotati di grande fascino, secondo gli studiosi, invece, a partire dall’impressionismo e poi ancora di più con il concettualismo, si è entrati nella cosiddetta era del post atelier caratterizzata da un totale rifiuto del concetto di atelier. Anche se forse, in realtà, questa strenua affermazione dell’inutilità degli atelier porta esattamente all’effetto opposto, ossia a quella che è stata definita come la loro iperesibizione.
Dalla casa d’artista si passa, dunque, alla casa-museo, il che inevitabilmente ne snatura il senso più vero e profondo. La casa d’artista, per quanto conservata ed integra, se viene aperta per essere mostrata al pubblico di massa dei visitatori perde la propria essenza. Piuttosto che imporre una forzata conservazione e sopravvivenza in ottica museale, sarebbe meglio concedere alle case d’artista il proprio diritto ad un oblio consapevole perché possono sfuggire alle logiche del turismo di massa e, come affermato da Massimo Carboni, «[…] come qualcosa di “dimenticato a memoria”, ma proprio per questo indimenticabile».
Il testo sopra riportato è stato estratto dall’articolo “Abitare la casa. Abitare il mondo. Le case d’artista nella Tuscia viterbese” di Charlotte Blasi che potete leggere cliccando qui.